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Annullamento del permesso di costruire e tutela dei proprietari in buona fede

31 maggio 2020

Con sentenza 325 del 20 maggio 2020 il Consiglio di Giustizia della Regione Sicilia ha fatto chiarezza su una importante questione.

Puó capitare che il Comune rilasci un permesso di costruire illegittimo perché in violazione della destinazione come risulta dallo strumento urbanistico, ad es permesso a edificare un fabbricato residenziale in zona turistica ricettiva, o in zona agricola senza che vi sia l'oggettiva destinazione del fabbricato in funzione della coltivazione del fondo.

In questi casi il Comune stesso, o l'Assessorato Regionale vigilante, può annullare il permesso di costruire, dal che ne conseguirebbe l'ordine di demolizione e, qualora trattasi di alterazione del territorio con plurime costruzioni, anche l'acquisizione del terreno al patrimonio comunale.

Ma cosa accade a chi abbia acquistato gli immobili in buona fede?

il CGA chiarisce che:

- l'annullamento della concessione edilizia non segue in automatico a seguito dell'accertamento della sua illegittimità, ed in ogni caso non può essere esercitato dopo dieci anni dal rilascio del titolo abilitativo;

- l'annullamento in autotutela necessita di una valutazione e comparazione degli interessi pubblici in gioco, fra i quali é l'affidamento creato dalla Pubblica Amministrazione con il rilascio del permesso di costruire, la situazione di apparente legalità protratta nel tempo, e la buona fede intercorsa fra il costruttore e il Comune, nonché il tempo trascorso.

Si riporta il passaggio essenziale della sentenza.

La giurisprudenza concorde, espressasi prevalentemente con riferimento all’art. 21-novies l. n. 241/1990, la motivazione di un atto di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio non può limitarsi al mero richiamo alla legalità. Sotto questo profilo l’annullamento regionale non si differenzia sensibilmente dall’annullamento operato in autotutela dal Comune (cfr. C.G.A., sez. riun., parere 383/03 del 12/3/2004, secondo cui “l'opera di comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti (la cui necessità non è, peraltro, esplicitamente esclusa nemmeno dall'orientamento giurisprudenziale più rigoroso, che pure intravvede un interesse pubblico in re ipsa) debba essere espletata con perspicuo rigore, dandone conto con adeguata motivazione, ed escludendo meccanismi presuntivi sia con riferimento alla sussistenza dell'interesse pubblico all'annullamento, che, non da ultimo, con riguardo all'eventuale affidamento del privati").”

19.11. Anche il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. n. 4822 del 2018, ha statuito che “Seppure la norma del t.u. edilizia che attribuisce alla Regioni il potere di annullamento straordinario dei titoli edilizi illegittimi non presenta il grado di puntualità, con riferimento ai presupposti che debbono sussistere per l’esercizio corretto del relativo potere, che si riscontra nella lettura della disposizione dell’art. 21-novies l. 241/1990, che contiene i principi generali in materia di atti amministrativi di ritiro di precedenti provvedimenti, appare inevitabile affermare che, comunque, tali prescrizioni debbono essere osservate anche in caso di esercizio del potere di annullamento straordinario dei titoli edilizi, ex art. 39 d.P.R. n. 380/2001, per effetto di una doverosa lettura costituzionalmente orientata della relativa disposizione e quindi rispettosa del principio generale di cui all’art. 97 Cost..”

Ed ancora nella stessa motivazione: “l'eccezionalità del potere in questione non può che essere inteso, in conformità ai canoni costituzionali di cui all'art. 97 Cost. e di ragionevolezza, sulla scorta dei medesimi presupposti che disciplinano l'autotutela della pubblica amministrazione titolare del potere ordinario: sia in termini di interesse pubblico specifico, sia di doverosa valutazione degli interessi e degli eventuali affidamenti, con conseguente necessaria valutazione della situazione di fatto che si viene ad incidere in via straordinaria”.

19.12. E’ solo mediante un’articolata e completa motivazione che il provvedimento rispetta i requisiti della legittimità.

La motivazione deve essere tanto più congrua quanto più giustificato è il legittimo affidamento dei privati nella stabilità di provvedimenti amministrativi anche in materia di titolo edilizi.

La stabilità dei provvedimenti amministrativi costituisce un valore che acquista una rilevanza sempre maggiore in un sistema che vuole l’agere della Pubblica Amministrazione ispirato al principio di correttezza e buon andamento di matrice costituzionale.

Il principio costituzionale dell’art. 97 Cost. fissa un limite al potere discrezionale autoritativo di ritiro.

Tale limite trova fondamento anche nell’art. 3 Cost., su cui si fonda il principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’agire pubblico.

Non si tratta di una preclusione del potere ma di un limite all’esercizio del medesimo, di tipo motivazionale e procedurale che si collega al principio di correttezza, ragionevolezza, proporzionalità, in quanto vieta l’uso scorretto, irragionevole, sproporzionato, del potere pubblico.

Tanto maggiore è l’affidamento dei privati tanto più esaustiva deve essere la motivazione da cui possa desumersi la sussistenza del pubblico interesse che non sia il mero richiamo alla violazione delle regole urbanistiche e l’avvenuta ponderazione e comparazione con i contrastanti interessi di cui sono portatori gli stessi.

L’obbligo di motivazione è ancora più stringente quando le primigenie scelte che hanno ampliato la sfera giuridica dei privati non sono frutto di comportamenti fraudolenti da parte degli stessi ma maturano in un rapporto con la pubblica amministrazione caratterizzato, apparentemente, dalla reciproca buona fede."

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